Nell'estremo lembo della Penisola Salentina si trovano una serie di grotte marine, affascinanti sia per le remote storie che conservano che per le forme e i colori che presentano al loro interno. Presso Torre Marchiello (edificata nella prima metà del secolo XVI, è allo stato di rudere) troviamo la Grotta del Drago, così detta per uno sperone di roccia al suo interno e che ricorda la testa di un drago; essa è profonda circa 40 m, con un'apertura di 30-40 m, e deve la sua bellezza al colore verde-azzurro delle acque e delle pareti. Giochi di luce incantevoli offre anche la vicina Grotta della Stalla, una grande sala con stalagmiti in cui si accede comodamente con la bassa marea. Poco più in là si apre la Grotta dei Giganti, che deve il suo nome alle ossa e ai denti di pachidermi rinvenuti in essa, inglobati nel materiale detritico misto a terra rosso-violacea che riempì la grotta durante una fase di regressione delle acque marine.
Nella parte bassa della grotta sono stati trovati numerosi focolari con carboni ed ossa combuste di età paleolitica, nella parte alta cocci di ceramica risalenti all'Età del Bronzo. La grotta fu frequentata anche millenni dopo, come testimoniano le varie ossa umane, i cocci bizantini e le monete in bronzo di Costantino VII e di Romano I rinvenuti all'interno. Lembi di detrito continentale, con frammenti di molari di elefante e rinoceronte, aderiscono ancora per buona altezza alle pareti interne ed esterne della vicina Grotta delle Tre Porte, che deve il nome ai ciclopici passaggi calcarei per cui vi si accede. Sulla parete N del vano interno della grotta, a circa 3 metri sul livello del mare, si apre un cunicolo che termina dopo circa 30 m in un'ampia camera sub-circolare con stalattiti e stalagmiti. Tale cavità fu chiamata Grotta del Bambino; in essa infatti fu rinvenuto un dente di bambino neandertaliano, oltre che resti di focolari e di fauna a clima caldo (jena, leone e pachidermi).
Ad E della Grotta delle Tre Porte, con accesso da un cunicolo a circa 4,5 m sul mare, si trova la Grotta Titti, in cui ancora una volta le tracce della presenza dell'uomo si intrecciano con le testimonianze delle variazioni climatiche. Le vorticose masse d'acqua che in altri tempi fluivano da queste scogliere hanno lasciato un segno evidente presso la Grotta del Fiume, così chiamata per un avvallamento che la sovrasta, letto scavato da un antico fiume per guadagnare il mare.
Presso Punta Ristola si apre la Grotta del Diavolo, facilmente accessibile anche da terra attraverso un'apertura che, scendendo, si abbassa con un dislivello di diversi metri, passando per un antro a cupola. Le campagne di scavi hanno qui dato alla luce una vasta gamma di utensili e di ceramiche utilizzate dall'uomo del Neolitico per la caccia e la cottura delle prede (cervo, bue, capra, cinghiale). A circa 150 metri da quest'ultima Grotta, a circa 20 m sul livello del mare e a 60 m dalla costa, si apre la Grotta Porcinara. E' questa una grotta non naturale, in quanto scavata dall'uomo nelle tenere calcareniti, in cui le pareti delle tre camere comunicanti che la compongono mostrano numerose iscrizioni incise.
La camera occidentale e quella centrale contengono iscrizioni greche e latine; la prima era consacrata alla fortuna, come si legge sulla parete opposta alla porta: "FORTUNA H.S.F."; quella centrale, dedicata a Giove, contiene 13 iscrizioni frammentarie: l'iscrizione di Agordio Aquilino indica lo scioglimento di un voto da parte di un marinaio salvato da una tempesta. La camera orientale, più vasta, è ricca di croci, essendo stata luogo di culto cristiano ai tempi della dominazione bizantina. Purtroppo lo stato di completo abbandono e l'opera di vandali, stanno distruggendo questo prezioso patrimonio, che dovrebbe essere rispettato da noi tutti e tutelato dagli organismi competenti.
Nel tratto di costa da Punta Ristola a Punta Meliso è presente un banco di roccia contenente noduli fosfatici giallo-marrone e fossili fosfatizzati inclusi in uno strato di 70-80 cm di calcareniti friabili giallastre, ad un'altezza di circa 10 m sul livello del mare. Queste fosforiti, formatesi in ambiente di acque basse durante una fase regressiva pleistocenica, rappresentano attualmente gli unici, modestissimi depositi del genere conosciuti in Italia.
Punta Meliso è archeologicamente importante per il ritrovamento di reperti dell’età del bronzo che riguardano un villaggio fortificato. Verso la fine del Bronzo medio (tra la fine del XV e l’inizio del XIV sec. a.C.) il villaggio si trovava nei pressi dell’attuale Santuario; durante il Bronzo recente (XIII – XII sec. a.C.) l’abitato occupava anche i terrazzi inferiori, fino ad estendersi, nel Bronzo finale, anche nel pianoro mediano della punta.
Dopo Punta Meliso, verso Otranto, il fronte costiero diventa più alto e selvaggio, con strapiombi di 50-60 m, e il fondale raggiunge subito, a pochi metri dalla costa, i 20-30 m di profondità, assumendo una colorazione blu intensa.
Nella parete sottostante il Faro di Leuca si apre la Grotta Cazzafri, con tre cavità intercomunicanti aperte nei calcari cenozoici e profonde circa 30 m; nella cavità centrale si può ammirare una breccia ossifera.
Nella parete sottostante il Faro di Leuca si apre la Grotta Cazzafri, con tre cavità intercomunicanti aperte nei calcari cenozoici e profonde circa 30 m; nella cavità centrale si può ammirare una breccia ossifera.
Più a N si incontrano una serie di cavità con scorci ed effetti di irripetibile bellezza: Grotte di Terradico, Grotte di Verdusella, Grotta di Ortocupo, Grotta la Cattedrale. In alcune di esse è possibile, con mare calmo, accedere in barca. La Grotta della Vora è una cavità alta più di 25 m con la volta attraversata da un inghiottitoio, che crea fantastici giochi di luce. Da notare, in questa zona, le caratteristiche " Mannute", cavità a mezza costa con cupole ricche di stalattiti e colonne stalagmitiche.
Proseguendo si arriva fino alla Grotta Grande del Ciolo. L'ambiente delle grotte costiere di Leuca ospita una fauna peculiare, che risente notevolmente della presenza umana soprattutto nella stagione balneare. E' ormai scomparsa la foca monaca, i cui ultimi avvistamenti risalgono a non molti anni fa, e che frequentava questi anfratti, rimasti per molti secoli veri paradisi naturali, per la riproduzione e lo svezzamento dei piccoli. Sulle spiaggette interne alle grotte si segnala sporadicamente la presenza della tartaruga marina che certamente in passato aveva qui dei luoghi di riproduzione.
Sulle scogliere a strapiombo si osservano stormi di piccioni torraioli e di taccole, che sembrano non risentire minimamente della presenza antropica, ma è certo che in tempi non molto lontani in queste rocce nidificava lo splendido falco della regina. Tuttavia, con poca fretta e un pizzico di fortuna, scrutando il mare con il binocolo, si potranno fare interessanti osservazioni, come uno stormo di trampolieri in migrazione, una sula che si tuffa a "missile" o una berta maggiore, la procellaria dell'Odissea omerica.
Lungo le scogliere sono presenti alcuni preziosi elementi floristici come l'alisso di Leuca (feb – apr), specie caratteristica delle coste alte e rocciose del Salento e che si rinviene solo a S. Nicola (Isole Tremiti) e nelle isole iugoslave di Pelagosa, Pomo, Kamik, S. Andrea e Lagosta. Si tratta di una tipica specie "transadriatica" per via della sua distribuzione.
Lungo le scogliere sono presenti alcuni preziosi elementi floristici come l'alisso di Leuca (feb – apr), specie caratteristica delle coste alte e rocciose del Salento e che si rinviene solo a S. Nicola (Isole Tremiti) e nelle isole iugoslave di Pelagosa, Pomo, Kamik, S. Andrea e Lagosta. Si tratta di una tipica specie "transadriatica" per via della sua distribuzione.
L'alisso di Leuca fu scoperto nel 1826 dal botanico napoletano Gussone in uno dei suoi viaggi nel Salento. Molto più recente è la scoperta, effettuata nel 1925 dal botanico pugliese Lacaita, della Centaurea leucadea o fiordaliso di Leuca.
I grossi capolini porporini allietano in primavera le brulle pareti calcaree dando una singolare connotazione all'ambiente. Questa specie è esclusiva del Capo di Leuca, e si è originata per frammentazione dell'antico areale di una specie ancestrale a diffusione tirrenica.
I grossi capolini porporini allietano in primavera le brulle pareti calcaree dando una singolare connotazione all'ambiente. Questa specie è esclusiva del Capo di Leuca, e si è originata per frammentazione dell'antico areale di una specie ancestrale a diffusione tirrenica.
Sulle pareti rocciose si sviluppa una vegetazione a macchie, con prevalenza di Euforbia arborescente (feb. apr.), ma presente è anche il Carrubo (set. nov.), l’Efedra orientale (giu. lug.), il Prugnolo selvatico (mar.), il Cappero comune (mag. ott.), la Salvia selvatica (apr. mag.), ecc... Nello strato erbaceo si distinguono, oltre al Fiordaliso di Leuca (apr. mag.), il Fiordaliso nobile (apr. mag.), il Garofano salentino (mag. set.), la Campanula pugliese (ag. ott.), l’Arisaro comune (ott. mar.), il Finocchio di mare (giu. ago.), le Castagnole (apr. mag.).
Consigliamo di visitare le grotte di levante nella mattinata; quelle di ponente possono essere visitate in qualunque ora, senza perdere nulla delle loro rifrazioni luminose, più suggestive comunque nelle ore pomeridiane. Le grotte Porcinara e del Diavolo sono le uniche in cui si può accedere da terra.
Ma ora vediamole tutte nel dettaglio:
Le Grotte di Ponente a Leuca
Sotto la "colonia Scarciglia" a ridosso del porto, le grotte Cazzafri (nr. catasto: Pu 116). Comune: Castrignano del Capo, località: Punta Meliso, ingresso: semisommerso, latitudine N: 39° 47' 42" - longitudine E: 18° 21' 58'' - sviluppo prevalentemente orizzontale, di circa 30 metri. La grotta ha tre ingressi sul mare e si sviluppa in due cavità che si uniscono sul fondo in una camera emersa che può essere raggiunta dopo essere approdati su un poggiolo. Il termine "cazzafri" significherebbe "casa di spuma"; infatti per vento di scirocco le onde si infrangono nella grotta riempiendola di schiuma.
Sulla punta Ristola, la grotta del Diavolo (nr. catasto: Pu 117), località: Leuca - Punta Ristola, ingresso: semisommerso, latitudine N: 39° 47' 20" - longitudine E: 18° 20' 46" - sviluppo prevalentemente orizzontale, di circa 40 metri. Si apre nella lingua rocciosa di Punta Ristola, facilmente accessibile da terra. L'apertura è di circa 4 m per 2 di altezza e si allarga subito in un antro largo circa 12 metri senza cunicoli laterali. A circa 25 m dall'ingresso il suolo si abbassa con un salto di alcuni metri, terminando poi con due aperture, una a sinistra verso l'alto che dà sulla scogliera litoranea a circa 3 metri s.l.m.; l'altra, a destra, verso il basso, che con una breve galleria larga circa 3 m mette in comunicazione col mare al quale si accede mediante un ampio ingresso semisommerso. Il nome della grotta deriva da una antica leggenda secondo la quale nella grotta ci sarebbe l'anima dannata del crudele Barone di Castro, mutato in demonio, che adescava i pescatori che si avvicinavano a Punta Ristola, uccidendoli barbaramente.
L'Antro delle Ossa (vi si accede attraverso un grosso foro che si apre sul dorso della punta Ristola. È in gran parte interrato, profondo circa 30 metri e alto 15. Vi si trova una breccia ossifera e sono affiorati manufatti neolitici) e, poco prima quella di Porcinara (chiamata così forse in riferimento alle grandi porte di accesso o perchè vicina al porto. Si accede da terra percorrendo la litoranea verso ponente.
Presenta diverse iscrizioni greche e latine, e numerose croci scolpite del periodo paleocristiano.
Presenta diverse iscrizioni greche e latine, e numerose croci scolpite del periodo paleocristiano.
A seguire si trovano la grotta del Ciaffaru (o Chiappuru), la grotta del Talatu con un rigagnolo di acqua dolce, la punta del Coccodrillo (o punta Montotu o Monte Totu) che presenta un foro nella parte superiore il quale consente l'accesso in un grottino, detto grotta della Punta del Coccodrillo; doppiato questo sperone ci si trova in una insenatura con al centro la grotta del Cerchio (lu circhiu); nella rada successiva c'è la bellissima e profonda grotta di Mesciu Scianni; si incontra poi il Canale Sparascenti in cui troviamo la grotta del Canale del Rio o grotta del Fiume (a circa 150 metri dalla Ristola), (nr. catasto: Pu 118) località: Leuca, ingresso: semisommerso, latitudine N: 39° 47' 42" - longitudine E: 18° 20' 23" - sviluppo prevalentemente orizzontale, di circa 30 metri. In condizioni di mare calmo, l'ampio ingresso consente l'accesso anche mediante imbarcazione. La larghezza media della grotta è di circa 20 metri. Vi sgorga un ruscelletto di acqua dolce da cui il nome. Sulla parte sinistra, verso il fondo della grotta, è presente un passaggio biblico da percorrere a piedi che consente di entrare direttamente nella Grotta del Presepe.
Alcuni metri più avanti si può ammirare la grotta del Presepe (o grotta del Teatrino o, ancora, degli Artisti), (nr. catasto: Pu 119), ingresso: semisommerso, latitudine N: 39° 47' 29" - longitudine E: 18° 20' 38'' - sviluppo prevalentemente orizzontale. Grande grotta doppia, formata da due cavità indipendenti di incomparabile bellezza situate rispettivamente ad est e ad ovest della parete che le separa. Vi è stata rinvenuta una nuova specie di porifero troglobio, Petrobiona incrustans (SARA, 1963). La leggenda vuole che la grotta sia emersa dalle acque ad accogliere un Presepe dopo che un frate, raccolto in preghiera in quel posto, aveva invocato la visione di Gesù.
A seguire, la grotta degli Innamorati, molto profonda e di stupefacente bellezza, la grotta Titti e poi la grotta Tre Porte, con fantastici effetti luminosi, al cui interno vi è la grotta del Bambino (nr. catasto: Pu 120), comune: Castrignano del Capo, località: Leuca, ingresso: semisommerso, latitudine N: 39° 47' 44" - longitudine E: 18° 20' 17" - ampio vano sommerso, comunicante con il mare aperto mediante tre grandi archi naturali (da cui il nome), poggianti su due pilastri. Sono stati rinvenuti resti fossili di grossi mammiferi terrestri. Nella parte sommersa più interna, in ambiente di semioscurità, si ritrovano alcune comuni specie di crostacei tra cui Palaemon serratus e misidacei. Nei numerosi anfratti e nicchie dislocate lungo le pareti non è raro incontrare pesci a vita prevalentemente sciafila quali Apogon imberbis e Conger conger. Sul fondo prevalentemente sabbioso che all'ingresso viene illuminato dalla luce esterna, si osserva la tipica fauna vagile di fondo mobile caratterizzata da pesci (Solea sp., Bothus podas podas, Lithognathus mormyrus, Mullus barbatus), echinodermi (ofiuroidei, oloturoidei) e piccoli molluschi gasteropodi.
Subito appresso La grotta dei Giganti è costituita da un vano spazioso ed asciutto (nr. catasto: Pu 121), comune: Castrignano del Capo, località: Leuca, ingresso: semisommerso, latitudine N: 39° 47' 45" - longitudine E: 18° 20' 15" - sviluppo prevalentemente orizzontale, di circa 30 metri. Grotta di enorme interesse paleontologico ed archeologico per la presenza di numerosi resti fossili attribuibili ad età molto diverse. Alcuni quindi hanno creduto che vi fossero sepolti i giganti (da cui il nome) debellati ed uccisi da Ercole Libico. Esplorata per la prima volta da G. A. Blanc ne1 1936 (BLANC, 1959).
Dopo 50 metri, due grotte mozzafiato, la grotta della Rimesa e, subito dopo, la grotta della Stalla, con le sue belle stalagmiti (nr. catasto: Pu 122), comune: Castrignano del Capo, località: Leuca, ingresso: semisommerso, latitudine N: 39° 47' 44" - longitudine E: 18° 20' 11" - sviluppo prevalentemente orizzontale, di circa 40 metri. Così chiamata perchè, probabilmente, offriva in passato ricovero ai pescatori sorpresi dalle burrasche, anche se una antica leggenda la associa alla Stalla di Betlemme in cui la Beata Vergine diede i natali a Gesù.
Oltre la punta Marchiello con i resti dell'omonima torre, la Cala dell'Elefante e la grotta del Drago con il caratteristico enorme scoglio centrale (nr. catasto: Pu 123), comune: Castrignano del Capo, località: Leuca, ingresso: semisommerso, latitudine N: 39° 47' 45" - longitudine E: 18° 20' 06" - sviluppo di circa 40 metri. La grotta prende il nome dal fatto che, all'ingresso, guardando in alto a sinistra, si può notare una sporgenza rocciosa, una curiosa formazione stalattitica dall'aspetto vagamente zoomorfo, la cui forma ricorda quella di un drago. E’ un'interessante grotta da un punto di vista paleontologico ed è accessibile mediante imbarcazione da due ampie aperture (circa 35 metri nel complesso) separate da un pilastro. In passato è stata rifugio della foca monaca.
Seguono poi la rada di Ciardo, le Curiscedde e la spiaggetta di Felloniche con la Rena, la Chianca, la Conca de le fimmene, lu Pesçu e lu Lisceddu, luoghi caratterizzati, morfologicamente, da costa bassa rocciosa anche se questo non esclude la presenza di tratti di sabbia; infine, superato il Munte Nivuru ci si ritrova a S. Gregorio, piccolo scalo dell’antica Veretum cui si collegava attraverso la via vicinale Volito.Per visitare questo gruppo di grotte è consigliato portare maschera e torcia subacquea.
Le Grotte di Levante a Leuca
Grotta del Morigio o degli Innamorati: adiacente alla grotta Cazzafri è di difficile accesso sia da terra che da mare. E' di buon auspicio alle coppie che vi si introducono. Attualmente vi confluiscono le acque della cascata quando viene attivata.
Grotta della Posta, si trova tra l’omonima punta e quella del Meliso. A mezza costa vi è la Grotta Rossa in cui sgorga una sorgente ferruginosa; è facilmente individuabile per il caratteristico colore ocra che lascia tutto intorno.
Grottella o Ruttedda, è posta sotto al Radar ed è caratterizzata da una polla di acqua dolce che nei pressi zampilla dal mare ad uso dei colombi torraioli, padroni incontrastati di queste rupi insieme a gufi e barbagianni che la notte fanno compagnia ai pochi pescatori che si avventurano sul “mare spunnatu”.
Grotta di Terradico I o Orecchio di Terradico (nr. catasto: Pu 139) località: Sud di Punta Terradico, ingresso: semisommerso, latitudine N: 39° 47' 59" - longitudine E: 18° 22' 34" - sviluppo prevalentemente orizzontale. E’ una delle 3 grotte che portano il nome della località costiera. Si aprono sul mare mediante tre ampi ingressi, in gran parte aerei, a forma di "tende degli indiani". In realtà sono i relitti di un unico sistema carsico. Il primo ingresso immette nell'Orecchio di Terradico, una caverna lunga circa 30 metri, così denominata per le sculture ed erosioni carsico-marine che la fanno somigliare all'interno di un orecchio.
Grotta di Terradico II o Antro di Terradico o Caverna di Venere (nr. catasto: Pu 930), località: Sud di Punta Terradico, ingresso: semisommerso, latitudine N: 39° 47' 59" - longitudine E: 18° 22' 34" - sviluppo prevalentemente orizzontale. La Caverna di Venere, lunga circa 15 metri, è così denominata dai pescatori perchè a mezzogiorno una lama di luce penetra dalla volta ed illumina una scultura erosiva dalle sembianze femminili.
Grotta di Terradico III o Fenditura di Terradico (nr. catasto: Pu 931) località: Sud di Punta Terradico, ingresso: semisommerso, latitudine N: 39° 47' 59" - longitudine E: 18° 22' 34" - sviluppo prevalentemente orizzontale. La terza apertura immette nella Fenditura di Terradico, una cavità formatasi su una diaclasi che ha originato un ambiente stretto, alto e lungo circa 15 metri.
Tra la punta di Terradico e la punta Doi Petre la costa è costituita da pareti abrupte pseudoverticali in cui si aprono tipiche incisioni prodotte dall’ondazione lungo piani ad andamento verticale (zona di Foresta Forte). Tale aspetto morfologico caratterizza così una costa alta rocciosa del tipo «falesia viva». Qui si aprono alcune tra le più belle grotte in assoluto di tutto il Salento.
Grotta di Porrano (o Purraru o Burraru): ha un portale alto oltre 20 mt ed è limitata a destra da una sporgenza.
Grotta Le Verdusedde (o di Verdusella o di Grandosecchia) e Grotta dei Ciauli (Corvi o Giole): si aprono in località Pascara (o Piscara); complesso di tre grotte che costituiscono un buon riparo per i pescatori sorpresi dalla pioggia.
Grotta dell'Ortocupo: (nr. catasto: Pu 934) ingresso: semisommerso, latitudine N: 39° 48' 09" longitudine E: 18° 22' 35" - sviluppo prevalentemente orizzontale. Cavità carsicomarina con un modesto sviluppo emerso e con una porzione sommersa, nella quale si può entrare con una breve immersione attraverso un sifone subacqueo. Questa porzione più interna è anche indicata come Grotta del Soffio per gli spruzzi che si formano per la pressione a cui viene sottoposta l'acqua al suo interno. E’ caratterizzata da infiltrazioni di acqua dolce che, mescolandosi col mare crea il classico effetto Morgana. L'insenatura dell'Ortocupo è quanto di meglio si possa trovare per un bel bagno nel mare di Leuca; è possibile incontrarvi le spigole.
Grotte della Vora – sono due a poca distanza dall'Ortocupo; la maggiore è alta 25 mt e, se il mare è calmo, ci si può addentrare per oltre 40 mt. (nr. catasto: Pu 136) ingresso: semisommerso, latitudine N: 39° 48' 17" - longitudine E: 18° 22' 40", sviluppo prevalentemente orizzontale di circa 60 metri. Sistema di cavità superficiali molto ampie, anche nella porzione aerea. Il nome deriva dalla presenza di un grande foro circolare formatosi sulla volta ad oltre 60 metri di altezza. La luce che vi penetra offre degli scenari molto suggestivi, creando spettacolari effetti luminosi.
Grotta della Giuncacchia, (nr. catasto: Pu 135) località: Foresta Forte, ingresso: semisommerso, latitudine N: 39° 48' 06" - longitudine E: 18° 22' 36" - sviluppo prevalentemente verticale. Più che una grotta marina è una enorme frattura verticale, alta circa 30 metri, con una modesta parte sommersa. La sua forma ricorda vagamente un fascio di giunchi, da cui il nome. E' stretta dal profilo delicato e lo slancio solenne. Si trova a poca distanza da un complesso di grotte molto vicine tra loro, le Gobbelle.
Dopo la Giuncacchia si trova il Pesço del Diavolo e tante piccole cavità dette Gobbelle o Cappedde o Grotte del Pesço del Diavolo, tra cui l'Angha delle Mannute dalla caratteristica forma di un molare, "vangaru" e la Grotta della Madonna con la Cattedrale.
Le Mannute o Minnute (minne = grosse tette) sono caratterizzate da fori circolari a mezza costa di circa 10 mt di diametro, inaccessibili all'apparenza. La più grande è formata da un'ampia cupola ricca di stalattiti con una colonna stalagmitica detta Satizza (salsiccia). A levante di quest'ultima si può osservare la Grotta dei Provoloni e poi la Grotta del Pizzimafuru, anch'essa facente parte delle Mannute.
Grotta delle Due Pietre (Doi petre): sono diverse grotte tutte piccole e vicine tra loro. La Punta delle Doi Petre costituisce un riferimento molto importante per i pescatori.
Nel tratto tra le Doi Petre e la Bocca del Pozzo, in uno spettacolo orrido e al tempo stesso maestoso, si aprono alcune cavità piccole con ingresso basso sul mare: la Grotta dei Libri, Le Grotticelle, Li Giardini e la Grotta Galategghiu o Cacateddu, facilmente riconoscibile per l'apertura rettangolare.
Bocca del Pozzo o Grotta delle Giole (Gazze o Corvi) o Grotta Grande del Ciolo o Vucca de lu Puzzu o Grotta del Lago o, ancora, Grotta Azzurra. (Nr. catasto: Pu 113), ingresso: semisommerso, latitudine N: 39° 50' 13" - longitudine E: 18° 23' 04" - Sviluppo di circa 120 metri. L'ingresso aereo è alto oltre 30 metri e la grande cavità presenta un sifone subacqueo e camere d'aria interne. Di notevole interesse paleontologico per il ritrovamento di un deposito pleistocenico medio e superiore. L'acqua limpida e gelida di questa naturale "piscina coperta" invita ad un suggestivo bagno.
Il Ciolo é una stretta insenatura dalla quale ha origine una gola rocciosa stretta e incassata (Calcari di Castro) che giunge fino al centro abitato di Gagliano del Capo.
La sua origine è tettonica (la tettonica è il fenomeno per il quale le rocce si spaccano, si fessurano e scorrono lungo dei piani, i cosiddetti piani di faglia) e carsica, testimone di uno stazionamento basso del livello marino per un lungo periodo di tempo durante una glaciazione.
Lungo le pareti del canale si possono facilmente notare antiche linee di costa, che hanno lasciato profondi solchi di battente, abitati dall’uomo del Neolitico.
Grotta dei Passeri, ultima della serie prima di arrivare nella piccola rada del Ciolo.
Sotto il suggestivo ponte, alto circa 40 m, si scorge l’ingresso domiforme della Grotta Piccola del Ciolo (Nr. catasto: Pu 947) ingresso: sommerso, latitudine N: 39° 50' 38" - longitudine E: 18° 23' 11" - Sviluppo prevalentemente orizzontale di circa 120 metri. La grotta che si apre sul bordo sinistro dello stretto fiordo del Ciolo è impostata su una frattura N-S leggermente ampliata dallo scorrimento idrico. Per tutta la lunghezza la grotta, cui si accede dal mare, è allagata anche se veramente sifonanti sono solo due piccoli tratti, all'inizio e verso il fondo (in caso di esplorazione conviene percorrere il canale di destra). La sala terminale finisce su una spiaggetta originata da massi di crollo; all'interno della grotta vi è un notevole scorrimento di acqua dolce. Proprio nella sala finale, durante le esplorazioni dell'U.S.B. del 1973, è stato rinvenuto un esemplare di foca monaca.
Il Fondale Marino di Leuca
L'angolo di mare antistante la marina di Leuca e le vicine coste adriatiche e ioniche per consistenza e morfologia dei fondali possono essere considerate un vero e proprio paradiso ittico. Proprio davanti al paese si estende il Banco della Scala, un ampio banco roccioso che ha grosso modo la forma di un triangolo col vertice proteso in fuori e la base compresa fra il faro e la " Punta Ristola ". Si estende verso sud per circa tre miglia (5 km) ed è caratterizzato da un'orlata interessantissima a Est e a Sud nonché da piccoli dislivelli ed ammassi di roccia nel suo interno. La profondità varia dai 18 ai 35 metri fino al ciglio tutt'intorno. Qui con vari gradoni scende ai 55 metri di media per poi sprofondare nel blu. La caratteristica di questa zona è la corrente con direzione pressoché costante da Nord-Est a Sud-Ovest.
Sull'orlata a circa 1,5 km dal Faro, in direzione S-SO il fondale è sui 30 mt anonimo sino al taglio, che con due gradini scoscesi e frastagliati porta sulla sabbia tra 40 e 55 mt.Nel suo sviluppo verso Sud, stando ad una quota di 30-40 mt si scoprono punti veramente eccezionali.
A circa 3 km dal Faro inizia il tratto migliore (e più pescoso) forse a causa della forte corrente. L'orlata prosegue con questo andamento sino a poco dopo che si è doppiato il vertice del banco, quando rientra in direzione N-O. Da qui in poi va a morire con piccoli gradini su un piccolo fondale fangoso con le tane vuote.
Le secche più frequentate e famose sono oltre al " Banco della Scala" ora descritto (segnato sulle carte nautiche), la " Secca del Pisello " (lu Paseddu) che si trova più a ponente in testa a punta Ristola (con apice di 20 metri degradante a ponente a 45 metri) e la "secca dei dotti " con apice di circa 25 metri e che degrada poi repentinamente a 80 metri a levante e 70 a ponente. Buona, sino alla batimetrica dei 50, anche la fascia costiera adriatica verso Otranto e poi quella Jonica dove, qualche miglio più a ponente, si aprono le famose secche di Ugento. Le potenzialità del mare di Leuca non sono più quelle di una volta, lo sforzo di pesca intensivo le ha impoverite, ma correnti favorevoli e bontà dei fondali ne fanno ancora una meta doc per la pesca sportiva.
Di fronte al ponte dello Scalo di Castrignano, da sotto costa fino all'altezza di punta Ristola e per qualche centinaio di metri intorno c'è una gran quantità di cocci. Più al largo, in direzione Sud, ad una trentina di metri di profondità, vi sono un'infinità di ancore di tutte le fogge e tipi.
Il Parco
La costa tra Santa Maria di Leuca ed Otranto costituisce per molti versi un unicum prezioso e sorprendente che il suo essere estrema nell'estremo vale solo in parte a giustificare.
La struttura geologica, con le alte falesie dolomitiche tanto più greche che non italiane, le migliaia di cavità carsiche ricche di reperti paleontologici e fossili viventi, gli endemismi botanici, le specie anfiadriatiche e le formazioni relitte, l'essere terra di passo per la fauna dell'aria e del mare, la presenza sporadica ed emblematica della foca monaca danno documento e spessore di una mediterraneità assoluta, nodale.
Una mediterraneità che è anche antropica, stratificata attraverso i millenni, le culture, i miti, talmente forte e radicata che nemmeno la protervia demenziale dell'uomo contemporaneo, con la sua invadenza urbanistica e comportamentale, è riuscito, come purtroppo altrove, ad intaccare. Sono queste le valenze, i presupposti che hanno reso improrogabile l'istituzione di un'area protetta che, partendo da Punta Faci ad Otranto, si estenda fino a Torre Marchiello, poco oltre Punta Ristola a Santa Maria di Leuca, comprendendo anche le formazioni vegetazionali più interessanti dell'immediato entroterra e determinati tratti di mare antistanti la costa.
Due importanti passi in tal senso sono costituiti dall'inserimento delle grotte Zinzulusa e Romanelli (ma con la più ampia definizione di area Penisola Salentina) tra le aree marine di reperimento di cui all'art.36 della legge-quadro sulle aree protette dall'analoga individuazione dell'intero litorale fra Capo d'Otranto e Punta Meliso nell'ambito del P.R.A.P. in via d'adozione.
Sono di tutta evidenza i benefici di ordine culturale rispetto alla qualità della vita che una simile scelta potrà avere.
Merita invece qualche considerazione la ricaduta economica che la creazione del Parco naturale regionale Costa Otranto-S. Maria di Leuca e Bosco di Tricase, avvenuta proprio di recente da parte della Regione Puglia con legge 26 ottobre 2006, n. 30, comporterà: un'area paesisticamente e naturalisticamente integra costituisce la chiave d'accesso indispensabile per quel bacino di utenza turistica qualificata (dotata cioè di cultura e, spesso, potenzialità finanziarie superiori alla media e di periodi di disponibilità ampi e destagionalizzati) che, già oggi quantificabile in oltre 5 milioni di persone nel solo ambito nazionale, aumenta di anno in anno, anche in rapporto alla progressiva diminuzione di un'offerta qualitativamente adeguata; il turista naturalista è inoltre estremamente mobile e gran consumatore di servizi, con conseguenti ampliamenti e diversificazione del ritorno occupazionale.
L'istituzione del parco è poi un ottimo veicolo promozionale, un autentico marchio di fabbrica credibile ed efficace per tutta una serie di produzioni tipiche locali ed è, infine, il viatico per il raggiungimento di fonti di finanziamento e cofinanziamento statali e comunitarie, utili al recupero e alla gestione dell'area, con piena valorizzazione del lavoro e delle professionalità anche qualificate presenti sul territorio.
Siamo sulla punta estrema d'Italia, dove basta ascoltare il silenzio di una grotta marina per godere di una sensazione di benessere. Ma perfino le tempestose mareggiate o lo sciabordare delle onde che accarezzano le ultime bagnarole rimaste lungo la costa, assicurano emozioni intense.
E se il mare, sopra e sotto, è tutto da scoprire, non da meno sono le testimonianze storiche, artistiche e naturali che hanno contribuito a fare di Santa Maria di Leuca una meta di una suggestione unica. Perché qui, al tacco dello stivale ci sono cose da vedere, da fare, da provare.
E se il mare, sopra e sotto, è tutto da scoprire, non da meno sono le testimonianze storiche, artistiche e naturali che hanno contribuito a fare di Santa Maria di Leuca una meta di una suggestione unica. Perché qui, al tacco dello stivale ci sono cose da vedere, da fare, da provare.
Visto dal mare il Capo di Santa Maria di Leuca si rivela con un paesaggio di rara bellezza. Cesellata dall'azione del vento, la costa è un susseguirsi di scogliere rocciose a picco sul mare, grotte e cavità marine di impareggiabili forme e colori cui si alternano calette e baie solitarie di sabbia bianchissima. E se la leggenda vuole che Enea sia sbarcato qui, e sin qui è suggestione, il fascino di Santa Maria di Leuca si ripropone anche nell'universo cristallino dei fondali marini. Tra poseidonie, gorgonie e coralli sono pesci e crostacei i veri signori di queste profondità ricche di triglie, scorfani, aragoste e cernie giganti.
Nella campagna nei dintorni della marina potete seguire i tratturi alla scoperta di trulli, muretti a secco e terrazzamenti sul mare. Non mancheranno di stupirvi i mandorli in fiore a dicembre, le pale di fico d'India, i tortuosi e secolari ulivi. In bicicletta, a piedi, in calesse, in treno, non perdetevi il meglio di questa civiltà contadina.